Avv. Marco De Bellis – Il rinnovo del Contratto Dirigenti Industria – Il Sole 24 Ore

Il Rinnovo del Contratto Dirigenti Industria

 

Il 13 novembre u.s. è stato finalmente rinnovato il contratto collettivo dei dirigenti di aziende industriali che decorrerà dal prossimo 1° gennaio 2025. Il precedente testo contrattuale era formalmente scaduto dal 31 dicembre 2023.

Il contratto così rinnovato andrà a regolamentare i rapporti di lavoro tra migliaia di imprese e diverse decine di migliaia di dirigenti industriali.

Il rinnovo è stato frutto di una lunga ed elaborata trattativa tra le parti e ha introdotto diverse novità; in particolare, sono stati recepiti alcuni principi elaborati dalla costante giurisprudenza e si è venuto incontro ad alcune esigenze di tutele previdenziali e assicurative a cui i dirigenti erano particolarmente sensibili.

Seguiamo l’ordine delle disposizioni contrattuali che sono state riviste.

Nella formulazione dell’art. 1 (Qualifica e suo riconoscimento), è stata rivisitata, in senso più “inclusivo”, la figura del dirigente di aziende industriali.

Infatti, nella definizione della categoria, è stato inserito anche il personale direttivo che, con elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale, esplichi le proprie funzioni per il raggiungimento degli obiettivi di un “ramo autonomo” dell’impresa; in precedenza era presente esclusivamente il riferimento al concetto di “impresa”

Si tratta di un aspetto di non secondaria importanza.

Secondo un consolidato orientamento della Suprema Corte, infatti, “se l’appartenenza alla categoria dirigenziale è espressamente regolata dalla contrattazione collettiva occorre far riferimento (…) alle relative disposizioni della contrattazione ed il giudice ha l’obbligo di attenersi ai requisiti dalle medesime previsti” (Cassaz. 26 aprile 2005 n. 8650). Orbene, integrando in questo modo la declaratoria dell’art. 1, le parti collettive hanno preso atto che, soprattutto in organizzazioni complesse e articolate, il ruolo del dirigente non deve necessariamente estendersi all’intera azienda ma ben può essere “limitato” ad un “ramo autonomo” della stessa e in coesistenza con altri dirigenti di pari grado o di diverso grado gerarchico.

Un concetto che può sembrare ovvio ma che, in precedenza, non trovava riscontro formale nel contratto collettivo ma esclusivamente nella consolidata elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte (cfr., tra le tante, Cassaz. 4 agosto 2017 n. 19479) intervenuta, per certi versi, “forzando” la rigorosa declaratoria contrattuale (precedente) e adeguandola alla realtà imprenditoriale.

Insomma, è stato formalizzato il concetto della coesistenza di una pluralità di dirigenti nell’impresa e di una dipendenza gerarchica tra i vari livelli di dirigenti: il dirigente posto al vertice di un “ramo autonomo” dell’impresa, infatti, sarà necessariamente sottoposto gerarchicamente al dirigente collocato al vertice dell’intera azienda.

Sotto un diverso profilo, è innegabile che la nuova e più “inclusiva” declaratoria della categoria dirigenziale contenuta nell’art. 1, renda meno “ostico” il riconoscimento della relativa categoria, anche attraverso l’azione giudiziale.

All’art. 3 (Trattamento minimo complessivo di garanzia), il rinnovo ha interessato, in senso migliorativo la retribuzione minima del dirigente, aumentando il cosiddetto TMCG (trattamento minimo complessivo di garanzia) che è stato portato dal 2025 a € 80.000,00 lordi (e ad € 85.000,00 dal 2026); a ciò possono (sottolineo: possono!) aggiungersi i superminimi e/o eventuali assegni ad personam, gli aumenti di anzianità e così via che vanno a costituire il cosiddetto TEI (trattamento economico individuale).

In ogni caso, il requisito minimo richiesto è che il trattamento complessivo sopra descritto, non sia inferiore al TMCG.

L’art. 6 bis del contratto collettivo (Compensi di importo variabile collegati ad indici e/o risultati), nella sua nuova formulazione (al comma I) impone (“devono”) alle imprese di “adottare sistemi di retribuzione variabile collegati ad indici o risultati”, che “devono computare, ai fini della determinazione del compenso, i periodi di congedo di maternità e paternità obbligatori e di congedo parentale”.

Dalla lettura dell’articolo, dunque, dovrebbe dedursi l’inammissibilità di elementi di valutazione discrezionale, da parte dell’azienda, nello stabilire il diritto del dirigente a percepire la parte variabile.

Parimenti, inoltre, il rigoroso collegamento “ad indici e risultati” sembra escludere qualsiasi valutazione aziendale anche sull’ammontare della parte variabile della retribuzione, dovendosi dedurre che l’ammontare stesso debba essere agevolmente ed oggettivamente quantificabile.

Peraltro, preferibilmente annualmente, le aziende dovranno informare le RSA dei dirigenti (se presenti) sui criteri e le modalità di attuazione della disposizione contrattuale cui, ove espressamente richiesto, si darà corso successivamente ad un incontro.

Viene inoltre stabilito che, ai fini della determinazione del compenso, i sistemi suddetti di retribuzione variabile debbano computare “i periodi di congedo di maternità e paternità obbligatoria e di congedo parentale”.

Anche l’art. 9 del contratto collettivo (Formazione e politiche attive) è stato riformulato, prevedendo un ruolo attivo del “Fondirigenti Giuseppe Taliercio”, con lo scopo di curare la formazione continua dei dirigenti in attività presso le imprese aderenti al Fondo, per migliorare la loro spendibilità sul mercato (lett. “employability”: le parti collettive non hanno resistito al “fascino” dell’inglesismo …).

Viene altresì stabilito di affidare al suddetto fondo il coordinamento delle politiche attive e della formazione ad esse collegato, con il compito di attuare le iniziative in materia e di monitorare gli effetti.

Per sostenere l’attività del fondo, è stato concordato che le aziende versino al medesimo una quota annuale di € 100,00 per ogni dirigente in servizio.

E’ stato inserito l’art. 9 bis (Cultura d’impresa e manageriale) per meglio definire modi e finalità dell’associazione “4 Manager”, relativamente alla diffusione della c.d. “cultura d’impresa” attraverso l’approfondimento di temi strategici (ad es. lo sviluppo di nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale).

Il contratto collettivo affida all’associazione anche il compito di adottare iniziative di promozione per lo sviluppo della parità di genere in ambito manageriale.

Per finanziare l’associazione è confermata, a carico dell’impresa, una quota di € 100.00 annue per ogni dirigente.

All’art. 10 (Trasferte e missioni), è stato incrementato l’importo aggiuntivo per il rimborso spese non documentabili in caso di trasferte, che passa da € 85,00 a € 100,00.

All’art. 11 (Trattamento di malattia), è stato rivisitato il comporto nel caso di malattia, aggiungendo ai 12 mesi già previsti, ulteriori 6 mesi nel caso di patologie oncologiche.

È stato sostituito l’art. 11 bis (Tutela a sostegno della maternità, della paternità e della genitorialità condivisa): è stato rafforzato il sostegno della maternità e della paternità, introducendo anche il concetto della “genitorialità condivisa” nonché ulteriori misure per facilitare il rientro al lavoro del/la dirigente dal periodo di astensione obbligatoria.

I nuovi artt. 11 ter (“Pari opportunità ed equità retributiva”) e 11 quater (“Congedo matrimoniale”) specificano meglio i diritti connessi

Ai sensi dell’art. 12 (Trattamento di infortunio e malattia a causa di servizio – Copertura assicurativa), inoltre, sono stati aumentati gli importi che l’azienda si impegna a corrispondere al dirigente nel caso di infortunio che comporti la morte o l’invalidità permanente in misura superiore a 2/3 del dirigente medesimo; ciò, una sola volta, attraverso una polizza stipulata dall’azienda nell’interesse del dirigente.

Anche il “trasferimento” del dirigente, disciplinato dall’art. 14, ha subito delle modifiche: se prima non poteva essere disposto il trasferimento nei confronti del solo dirigente che avesse compiuto i 55 anni, ora tale divieto è esteso anche al dirigente con figli a carico con una disabilità riconosciuta.

Non può essere disposto, inoltre, il trasferimento del dirigente ultracinquantenne con figli minori, salvo diverso accordo tra le parti interessate.

L’art. 15 del contratto collettivo (Responsabilità civile e/o penale connessa alla prestazione) prevede che la responsabilità civile verso i terzi per i fatti commessi dal dirigente nell’esercizio delle proprie funzioni sia a carico dell’azienda, che deve farsi carico anche delle spese legali sostenute dal dirigente; tale responsabilità è da escludersi solo “nei casi di dolo o colpa grave del dirigente, accertati con sentenza passata in giudicato”.

Orbene, le parti hanno aggiunto a verbale l’impegno di reperire idonee soluzioni assicurative collettive cumulative delle coperture previste sia dall’art. 15 che da eventuali infortuni.

Anche nell’ambito della previdenza complementare (art. 18), vengono aumentati i limiti della contribuzione dell’impresa dovuta al fondo PREVINDAI e rafforzato il ruolo dell’assistenza sanitaria integrativa (art. 18 bis), anche attraverso una apposita società, la IWS Spa, creata su indicazione del FASI.

Restano più o meno invariati gli altri istituti contrattuali.

Le parti collettive hanno inoltre sottoscritto un “Accordo sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro”.

Nell’ambito di questo accordo viene confermato che nel luogo di lavoro debba essere bandito qualsiasi comportamento che possa in qualche modo ledere la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori e a maggior ragione qualunque altro che possa configurare molestia o violenza.

Le parti si sono altresì impegnate ad individuare le strutture più adeguate per assicurare l’assistenza, sia dal punto psicologico che legale, a coloro vittime di molestia o violenza nei luoghi di lavoro; ciò con l’invito a segnalare casi fondati su informazioni particolarizzate e con l’avvertimento che “le false accuse non devono essere tollerate e possono dare luogo ad un’azione disciplinare”.

In estrema sintesi questo è quanto.

Ad avviso dello scrivente, il contratto ha meglio definito lo status e migliorato le tutele sanitarie e previdenziali del dirigente, sottolineando la necessità della parità di genere.

Restano incompiuti alcuni aspetti critici del contratto come, primo fra tutti, la necessità di una profonda revisione dell’art. 19 sul Collegio Arbitrale per i licenziamenti; Collegio caduto in completo disuso da oltre un ventennio.

More solito, le disposizioni del contratto collettivo saranno spesso integrate da accordi individuali (soprattutto nei rapporti con i top managers), che solitamente prevedono clausole di stabilità, golden parachutes, accordi di riservatezza e quant’altro, soprattutto diretti a disciplinare la fase terminale del rapporto di lavoro.

Avv. Marco De Bellis

Tratto da NT+ Lavoro (Il Sole 24 Ore), 26 novembre 2024

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